Iceland
Official Info
- Official Website: https://www.ksi.is/
- League Website: https://www.uefa.com/uefanationsleague/
- Twitter: https://twitter.com/footballiceland
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- Instagram: https://www.instagram.com/footballiceland/
Quick Facts
- Founded: 17 luglio 1946 (prima gara internazionale); KSÍ affiliata FIFA 1947, UEFA 1954
- City: Reykjavík
- Country: Islanda
- Founder: Knattspyrnusamband Íslands (KSÍ, Federazione islandese)
- Milestones: 1946: esordio vs Danimarca; 1947: affiliazione FIFA; 1954: adesione UEFA; 2013: primo playoff Mondiale (vs Croazia); 2016: esordio e quarti a UEFA EURO; 2017: prima vittoria di un girone di qualificazione Mondiale; 2018: debutto in Coppa del Mondo; 2020: partecipazione alla UEFA Nations League A.
History
La nazionale di calcio dell’Islanda è una delle storie più affascinanti del calcio europeo: da periferia sportiva a realtà stabilmente riconoscibile sulla mappa internazionale. Il primo passo ufficiale arriva il 17 luglio 1946 con l’amichevole contro la Danimarca, poco prima dell’affiliazione alla FIFA (1947) e dell’ingresso in UEFA (1954). Per decenni l’Islanda affronta le qualificazioni come underdog, pagando il ridotto bacino demografico e l’infrastruttura calcistica limitata da clima e risorse. Eppure, proprio da questi vincoli nasce una cultura della resilienza: strutture coperte, investimenti nella formazione degli allenatori, scouting capillare presso le comunità islandesi all’estero e un’identità tattica pragmatica.
Negli anni Novanta e nei primi Duemila emergono i primi fari, come Arnór ed Eiður Smári Guðjohnsen, simboli di un ponte generazionale e tecnico. L’episodio entrato nei libri: nel 1996 Eiður debutta sostituendo il padre, diventando la prima coppia padre‑figlio a condividere, seppur non contemporaneamente, un match internazionale. Ma il vero turning point arriva con l’ingaggio del saggio svedese Lars Lagerbäck, affiancato dall’islandese Heimir Hallgrímsson. La coppia costruisce una squadra granitica, orientata alla transizione, capace di compattezza difensiva e di sfruttare le palle inattive.
Le qualificazioni a Brasile 2014 offrono il primo segnale: playoff contro la Croazia (0‑0 in casa, 0‑2 a Zagabria), sogno infranto ma consapevolezza accesa. Due anni dopo, l’Islanda scrive la pagina più luminosa: UEFA EURO 2016. Nel girone pareggia con il Portogallo, tiene testa all’Ungheria e supera l’Austria, poi negli ottavi elimina l’Inghilterra con un clamoroso 2‑1, prima di cedere nei quarti alla Francia (2‑5). L’immagine che fa il giro del mondo è il “Viking clap”, il battito ritmato con il grido “huh” guidato dal settore Tólfan, diventato marchio di fabbrica.
Il picco competitivo prosegue: qualificazioni a Russia 2018 vinte davanti a Croazia, Ucraina e Turchia, prima partecipazione mondiale. Nel torneo, storico 1‑1 all’esordio contro l’Argentina. Seguiranno stagioni più dure, tra ricambio generazionale e un passaggio nella Nations League A che ne mette a nudo i limiti contro le big. Ma la pipeline di talenti, frutto di un sistema tecnico moderno e di infrastrutture indoor, resta viva.
Oggi l’Islanda è vista come nazionale di fascia medio‑europea, capace di cicli competitivi grazie a una base tattica chiara (4‑4‑2/4‑2‑3‑1), ad atleti versatili e a una mentalità che non ammette complessi di inferiorità. Reykjavik e il Laugardalsvöllur sono il cuore pulsante: uno stadio raccolto, rumoroso, spesso decisivo nel trasformare ogni partita in un evento comunitario. Il percorso non è lineare, ma ha imposto il marchio Islanda nell’immaginario globale: disciplina, coesione, dettagli curati e un’identità riconoscibile. In sostanza, una piccola grande potenza culturale del calcio europeo, emersa senza rinnegare le proprie radici.
Honours
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- title: Nessun titolo maggiore FIFA/UEFA (tornei finali)
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Statistical Insights
All-time: tasso di vittorie complessivo, media gol fatti/subiti per partita e record di strisce risultano Unknown (ultimo tentativo di aggiornamento 2025-08-23). Tuttavia, alcuni picchi sono ben documentati e qualificanti: nelle Qualificazioni a UEFA EURO 2016 l’Islanda ha chiuso il Gruppo A nelle prime due posizioni con 20 punti, difesa tra le migliori del raggruppamento (dati UEFA). Nelle Qualificazioni a Russia 2018 ha vinto il Gruppo I con 22 punti in 10 gare, davanti a Croazia, Ucraina e Turchia, con una differenza reti positiva e pochi gol concessi (dati UEFA). EURO 2016: imbattuta nel girone (2 pareggi, 1 vittoria), poi 2‑1 all’Inghilterra negli ottavi. Mondiali 2018: 1‑1 all’esordio con l’Argentina. Ranking FIFA: picco storico 18º posto (2018), minimo intorno alla 131ª posizione (2012), a testimonianza di una scalata straordinaria. Identikit prestazionale: blocco basso/medio, ottimo rendimento su palla inattiva, transizioni rapide; efficienza nelle partite punto a punto e capacità di massimizzare le occasioni create. Limiti strutturali: profondità ridotta e calo di risultati nei cicli di ricambio generazionale.
Key Players
Albert Guðmundsson (attaccante/trequartista, Genoa): finalizzatore e rifinitore, ottime letture tra le linee, specialista sui rigori; 2023/24 in Serie A in doppia cifra reti. Hákon Arnar Haraldsson (seconda punta/trequartista, LOSC Lille): pressione alta, aggressività senza palla, produzione xG+xA interessante per età; utile tra le linee. Jón Dagur Þorsteinsson (ala sinistra, OH Leuven): 1v1, tiro dalla media distanza, continuità di corsa; pericoloso negli attacchi in transizione. Sverrir Ingi Ingason (difensore centrale): leadership del reparto, duelli aerei e minaccia sui piazzati; porta gol pesanti. Hákon Valdimarsson (portiere): scuola nordica, reattività e uscite alte; profilo da portiere moderno, affidabile nel gioco diretto. Nota: elenco basato su minutaggi recenti in nazionale e club, con aggiornamenti incrociati nelle ultime stagioni (ultimo controllo fonti entro 30 giorni).
Projection
Outlook competitivo di fascia media UEFA: struttura di gioco chiara, base difensiva solida quando il blocco è compatto e margini offensivi legati all’ispirazione dei trequartisti/ali. Probabilità orientative in un girone europeo standard (equilibrato, con una big e una co-seed): qualificazione diretta 15–20%; accesso a playoff tramite piazzamento o percorso Nations League 35–40%; eliminazione 45–50%. Fattori chiave: salute e forma dei riferimenti offensivi (Albert Guðmundsson in primis), continuità del portiere titolare, produzione su palla inattiva e gestione del turnover nei micro-cicli. Rischi: profondità limitata in alcuni ruoli e cali di efficacia contro difese posizionali; opportunità: gare punto a punto, contesti da underdog e calendario compresso, dove disciplina e dettagli pesano. Implicazioni betting: match‑up orientati agli under/handicap positivo contro avversari superiori; value sporadico sui mercati ‘Draw no Bet’ vs pari grado.
Trivia
• Il “Viking clap” è diventato simbolo planetario dell’Islanda a EURO 2016. Il battito ritmato con il coro “huh”, guidato dal gruppo Tólfan, venne popolarizzato durante il torneo francese. Le sue origini sono discusse: in Islanda viene spesso associato ai tifosi del club Stjarnan e alle tradizioni locali; all’estero si ricordano precedenti simili in Scozia (Motherwell) e in Francia (RC Lens). Ciò che conta è l’identità: è il marchio di una tifoseria che ha trasformato un rituale in iconografia globale.
• Padre e figlio nello stesso match (ma non insieme): nel 1996 Eiður Smári Guðjohnsen debutta in nazionale sostituendo Arnór, suo padre. L’Islanda entra così nella storia come la prima nazionale con una staffetta padre‑figlio nella stessa partita internazionale. Il sogno di vederli contemporaneamente in campo sfumò per infortuni e tempi che non si incastrarono.
• Popolazione minuscola, impatto enorme: al momento dell’exploit 2016–2018 l’Islanda contava poco più di 330‑340 mila abitanti, diventando la più piccola nazione di sempre a qualificarsi ai Mondiali. È uno dei paradossi più amati dagli analisti: bacino ridotto, ma qualità di formazione e infrastrutture (campi indoor, coach education) sopra la media.
• Il Laugardalsvöllur di Reykjavík è un fortino da “calcio di prossimità”: capienza contenuta, ambiente caldo, condizioni meteo spesso complicate per gli avversari. Negli anni si è discusso di progetti di ammodernamento/nuovo impianto coperto per consolidare il salto competitivo e migliorare l’esperienza matchday, in linea con le esigenze UEFA.
• La scalata nel Ranking FIFA racconta il progetto: minimo storico intorno alla 131ª posizione (2012), poi la crescita fino al 18º posto (2018). In mezzo, le tappe: playoff Mondiali 2013 (persi con la Croazia), quarti di EURO 2016 con l’epico 2‑1 all’Inghilterra, vittoria del girone nelle qualificazioni a Russia 2018, pareggio d’esordio ai Mondiali con l’Argentina.
• Stile di gioco e dettagli: pressing selettivo, 4‑4‑2/4‑2‑3‑1 compatti, catene laterali ben oliate e palle inattive curate maniacalmente. L’Islanda ha costruito gran parte della propria over‑performance sugli episodi: rimesse lunghe, calci d’angolo, punizioni indirette. Non “catenaccio”, ma una gestione dei rischi calibrata sulle proprie risorse.
• Winter tours: storicamente, in inverno la nazionale ha disputato tournée con roster a forte componente domestica o nordica (quando i campionati sono fermi), utili a dare minuti ai profili emergenti e allargare la base dati del c.t.
• Generazioni a confronto: dagli anni di Eiður Smári Guðjohnsen e Aron Gunnarsson al presente di Albert Guðmundsson e dei nuovi trequartisti, l’Islanda ha mantenuto una linea di continuità: leadership diffusa e cultura del gruppo. L’immagine del capitano‑guerriero, braccio alzato verso il settore dei tifosi per guidare il “clap”, resta una costante iconica.
• Rapporti con la diaspora: vari calciatori islandesi hanno affinato la crescita in Scandinavia, Olanda, Inghilterra e Italia. Questa mobilità ha ampliato il repertorio tecnico e tattico, con un beneficio diretto sulla nazionale.
• Curiosità numeriche: EURO 2016, fase a gironi senza sconfitte e qualificazione centrata all’ultimo respiro contro l’Austria (gol nel recupero). Mondiali 2018: porta inviolata contro Messi su rigore parato? In realtà fu pareggio 1‑1 con interventi decisivi del portiere e grande disciplina collettiva. La narrazione “David vs Golia” è diventata un case study su come le piccole nazionali possano competere ottimizzando i dettagli.
| Casa | Fuori casa | Tutto | ||||
| Giocate | 3 | 3 | 6 | |||
| Vinte | 1 | 1 | 2 | |||
| Pareggi | 1 | 0 | 1 | |||
| Sconfitte | 1 | 2 | 3 | |||
| Casa | Fuori casa | Tutto | ||||
| Per Match | Total | Per Match | Total | Per Match | Total | |
| Goal | 2 | 6 | 1.3 | 4 | 1.7 | 10 |
| Goal concessi | 2 | 6 | 2.3 | 7 | 2.2 | 13 |
| Cartellini gialli | 2.3 | 7 | 3.3 | 10 | 2.8 | 17 |
| Cartellini rossi | 0 | 0 | 0 | |||
| Reti inviolate | 0.3 | 1 | 0.3 | 1 | 0.3 | 2 |
| Calci d'angolo | 5 | 15 | 2.3 | 7 | 3.7 | 22 |
| Falli | 15 | 45 | 10.3 | 31 | 12.7 | 76 |
| Fuori gioco | 1.7 | 5 | 0.7 | 2 | 1.2 | 7 |
| Tiri | 14.7 | 44 | 9.7 | 29 | 12.2 | 73 |
| Tiri in porta | 5.3 | 16 | 3 | 9 | 4.2 | 25 |